IN MORTE DEL FRATELLO SALVATORE

Più non ti scuoti al soffio
di amiche primavere e non trasali,
come fiore di campo,
al bacio di farfalle spensierate...
Battono ali veloci!..
Tu solo non ritorni.
Anche il timido
filo d'erba non esita.
Come un torbido fiume
con lo specchiato cielo corri al mare
rapida vita nostra.
Primavere natie,
cieli ridenti del passato, addio.
Dove l'azzurra vela
si perse di quegli anni? E in quali terre
ora riposa col fraterno riso?
In un abbraccio di vento,
senza palpiti, autunno mi consuma
e a me stesso non sono 
che l'ombra fluttuante del passato.

Pure, su opposte rive, ancora aspetto
torni la vela che ti portò via:
io e te come un tempo, col sorriso
del cuore sulle labbra per rivivere.
Ma l'illusione manca.
Passa una smorfia muta di dolore
e se ancora al silenzio dico un nome,
in quel silenzio ancora mi risponde
voce velata, rotta dall'addio.

Ricerco una tua mano,
tesa la mia, la chiudo e stringo il vento...
Ahimè! - non è più il vento 
degli anni spensierati,
ma il soffio dell'autunno
che soppresse la foglia di brughiera
su cui piange la stella della sera.


O pietà crocefissa, o Cristo che ti immoli,
cos'è dunque la vita? E il suo silenzio?
E ancora mi riverso
su queste strade, solo,
solo con la mia pena
di pecora trafitta,
col vento che pietrifica le lacrime,
grato vento dell'alpe,
tra un urlo di sirena lacerante.

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